La signora B. è anziana - ha superato gli ottant’anni - ed è vedova da molti anni. Ci chiama per uno stato di intensa preoccupazione che sente per il nipote e il nipotino. Il nipote, “in malattia” da diverso tempo, vive socialmente isolato, in una casa trascurata, in cui accumula un po’ di tutto. Tempesta la signora B. di telefonate nelle quali manifesta la necessità di sostegno ma, nello stesso tempo, rifiuta qualsiasi aiuto la zia sia in grado di offrirgli. Talvolta minaccia il suicidio. Pare che sia sempre stato “un po’ strano”,
ma adesso c’è qualcosa di più, di più grave, che la signora non sa decifrare. Il nipote ha più di 50 anni e ha un figlio, che vive con la madre in un’altra casa. Ci mostra le fotografie e i disegni del bambino. Ci racconta che sarebbe stato “dimenticato” in macchina in più occasioni, sia dalla madre, occupata a fare la spesa in un supermercato, sia dal padre, occupato a fare non si sa cosa.
La preoccupazione della signora B. è comprensibile. È una persona intelligente, psicologicamente vigile, riesce a comunicarci in modo vivido il sentimento di “stranezza”, di impotenza. Ha paura che possa succedere “qualcosa di brutto”, non solo, sente che i segnali lo preannuncino. “Come in un copione già scritto che nessuno può modificare” e, si chiede, “cosa sto qui a fare?”.
Cerchiamo di approfondire la storia di famiglia. Sono avvenute diverse morti traumatiche: un omicidio-suicidio e la sorella della signora trovata morta in casa. Si tratta della madre del nipote e la signora B. non era a conoscenza del suo stato di malattia. La signora B. si sente in colpa: per non essere stata abbastanza presente allora, e per non essere abbastanza capace adesso: “Vorrei aiutare mio nipote, ma sono stanca, non so cosa fare, sento dentro di me un rifiuto…”.
Eventi così tragici segnano profondamente le persone, lasciano un senso di irreparabilità, e possono incrinare la fiducia nella possibilità di poter in qualche modo intervenire sulla realtà e proteggere le persone che amiamo. Ci si sente incapaci, privi di strumenti per capire e agire in modo efficace. “Se allora non ho saputo fare niente perché adesso dovrei esserne capace?” I sensi di colpa non aiutano ci rendono ancora più insicuri. Non resta che chiedere aiuto, quello che la signora ha fatto. Cerchiamo di interpretare insieme a lei la storia che ci ha raccontato da un altro punto di vista.
Il nipote ha i suoi problemi, ma, l’abbiamo scoperto dal suo racconto, ha già intrapreso un percorso di cura (anche farmacologica), e certe cure richiedono tempo. Quando è molto angosciato si rivolge alla zia perché sa che la zia è come una mamma per lui e gli vuole bene, ma deve anche sapere che ci sono dei limiti. In questo senso la zia si comporta in modo corretto, sa dire di no quando le richieste diventano impossibili, incessanti, sbagliate. Le facciamo capire che dire di no è un grande aiuto per il nipote. La richiesta non deve divenire un ricatto emotivo. Le suggeriamo anche di fargli capire che ci sono molti modi per voler bene, potrebbe dirgli qualcosa tipo: “Caro nipote, io ti voglio bene e vorrei aiutarti di più, ma proprio non so come. Io stessa ho chiesto aiuto al servizio di Urgenza Psicologica. Lì ci sono dei professionisti, forse potrebbero aiutare anche te”.
Il nipotino ha un papà fragile, una mamma giovane e “alle prime armi”, ma la signora che è per lui una nonna, un’importante figura di riferimento ed è attenta. Sicuramente in grado di accorgersi qualora succedessero ancora episodi gravi di trascuratezza. Le diciamo che potrà ricontattarci e segnalarci l’accaduto. Potrà consigliare la giovane madre di chiedere aiuto per le sue difficoltà a gestire il figlio insieme al padre da cui è separata. La nonna e la mamma devono anche affidarsi e appoggiarsi alla scuola materna, anche le educatrici possono contribuire a creare “una rete di supporto”.
Noi abbiamo incoraggiato questa signora cercando di allargare il campo delle possibilità di supporto. È chiaro però che il problema non è suo e noi non possiamo raggiungere soggetti che non richiedono il nostro intervento. Siamo a disposizione, e siamo parte di una rete che c’è.