La signora A. ci ha chiamati, dopo averci pensato su per un po’. Ora che ha deciso riesce quasi solo a piangere e ci chiede di incontrarla: “Venite a vedere come sono ridotta” .
Ci accoglie a casa sua.
“Sono terrorizzata. È come se mi dicessero: lì c’è la sedia elettrica su cui morirai tra poco… Ho paura che mi pignorino la casa… Non riesco ad alzarmi dal letto… Piango tutto il giorno e non so neanche perché… La casa sta andando in rovina… Però adesso che siete qui voi mi vien voglia di fare qualcosa… Mentre vi aspettavo volevo riordinare un po’ la casa…”.
Si guarda intorno, è la casa della sua infanzia, una casa grande “la nostra era una grande famiglia…”. Dice angosciata che “c’è disordine e cose rotte ovunque, ci sono molte cose in attesa di giusta collocazione…”. Si alza come a voler sistemare qualcosa.
Cerco di calmarla, innanzitutto. Le chiedo di raccontarmi la sua storia.
Scopro che la signora A. ha lavorato in una multinazionale, conosce diverse lingue, suona il pianoforte e ama i gatti. Cose che - dice lei - appartengono al passato. Perché ad un certo punto è successo qualcosa. Una serie di fatti molto dolorosi: la madre è morta dopo una malattia, suo fratello si è suicidato e un altro fratello è morto dopo anni di disabilità. La sua sensazione di vuoto è immensa. Si sente “senza”. Senza un lavoro, senza una madre da accudire, senza più fratelli, senza risorse economiche, senza la forza o la motivazione per andare avanti.
Mentre parla, cerco ad aiutarla a far emergere dalla confusione, dal groviglio di sofferenze e paure, una voce narrante: la sua voce. Lei via via diviene più “ordinata”, e la sua voce è adesso quella di una persona che riprende a narrare la propria biografia, invece che rimanerne passivamente travolta e stravolta. La signora A. è capace di farlo, mi accorgo e glielo dico, ma ha bisogno di qualcuno che sia “testimone” della sua storia e delle sue fatiche, di un esperto che l’aiuti “a rinforzare i punti deboli” del suo assetto interiore, di qualche indicazione specialistica e della certezza di poter contare ancora su una rete sociale di supporto. Una terapia le potrebbe essere di supporto e in certi casi i farmaci possono essere utili per abbassare il livello di angoscia: quando l’ansia è troppo elevata, diventa difficile anche pensare.
Non c’è una sedia elettrica ad attenderla, la sua storia non è finita. Ci vorrà coraggio per affrontare il grande vuoto lasciato dalle perdite subite, la delusione e la rabbia per l’incomprensione ricevuta dai parenti, le tante difficoltà concrete. Una cosa alla volta. Guardando sempre a quello che c’è di positivo: un compagno che le vuole bene e a cui lei vuole bene, un gatto dall’aspetto ben curato che non ha niente da rimproverare alla sua coinquilina e la sua riserva personale di competenze e conoscenze che la sofferenza emotiva non può cancellare. La persona di fronte a me è intelligente, colta e sensibile. Alla fine è lei che tratteggia qualche linea nel futuro: “La casa con tante stanze vuote potrebbe accogliere qualche studente, e forse anch’io potrei svolgere qualche attività di volontariato, come voi”.