Come operiamo

 

 

Urgenza Psicologica è un servizio gratuito di supporto psicologico professionale. Offre assistenza psicologica a chiunque ritenga di vivere un momento di difficoltà e senta l’urgenza di confrontarsi immediatamente con un esperto.

 

Urgenza Psicologica interviene nella crisi e ti propone un incontro immediato con uno psicologo professionista. Una volta contattati, siamo noi a venire da te nel luogo che ci indicherai. Attraverso l’ascolto e l’incontro, sarai aiutato a utilizzare in modo migliore le tue risorse e capacità personali per risolvere immediatamente la crisi psicologica. Nel caso fosse necessario lo psicologo ti aiuterà a capire quale possa essere il percorso più adatto alle tue esigenze, fornendoti tutte le indicazioni e un elenco di servizi territoriali a cui rivolgersi.

 

Urgenza Psicologica si rivolge sia a persone con disturbi legati alla sfera del comportamento e con una patologia diagnosticata che a persone che solo sporadicamente vivono momenti di difficoltà.

 

Gli psicologi che rispondono sono tutti professionisti di provata esperienza e svolgono un’attività volontaria. Il servizio è attivo tutti i sabati e le domeniche dalle 9 alle 21. Per richiedere il nostro intervento non serve alcuna prescrizione o documento. 

 

In seguito alla riforma di Croce Rossa Italiana dal 2017 la collaborazione è stata trasferita all’Associazione Nazionale.

Non siamo un telefono di ascolto, ma accogliamo e ascoltiamo il bisogno per cercare di intervenire al meglio sulla crisi.

 

Se le condizioni dell’utente al telefono e la situazione descritta fanno optare per un’uscita, lo psicologo insieme al volontario di supporto, si dirigono presso il domicilio del chiamante condividendo così l’intera durata dell’intervento.

 

L’obiettivo dello psicologo non è la presa in carico bensì il contenimento di un bisogno urgente, non rinviabile, che ha spinto l’utente a chiedere un aiuto esterno. Pertanto il lavoro dello psicologo sarà quello di riportare l’emotività dell’utente all’interno della sua finestra di tolleranza, attraverso l’ascolto della sua storia.

 

Rientrata la crisi, lo psicologo potrà: indirizzare l’utente verso altri servizi presenti sul territorio, fornirgli indicazioni utili per una presa in carico più globale, incoraggiarlo a proseguire eventuali percorsi terapeutici già intrapresi.

 

L’obiettivo del volontario di supporto è vigilare sulla sicurezza ambientale. Se, su indicazione dello psicologo, dovesse essere necessario il ricorso immediato al pronto soccorso, il volontario di supporto che ha in custodia il cellulare di servizio chiama il 112 (numero unico dell’emergenza, anche sanitaria), mentre lo psicologo sta col paziente.

 

Conclusa l’uscita, sulla via del rientro, lo psicologo e il volontario di supporto condividono impressioni, pensieri e problematiche riscontrate durante tutte le fasi dell’intervento, sempre nel rispetto del segreto professionale lo psicologo è vincolati. Momento prezioso questo e tutt’altro che banale per riuscire ad allentare il più possibile lo stress emotive a cui si è sottoposti in situazioni del genere e avere uno sguardo altro che ci permette una visione e una traccia di come l’utente si relaziona col mondo. Una volta giunti in sede l’intervento si ritiene concluso con la compilazione degli appositi moduli di uscita.

Nella nostra esperienza, fare una ipotesi diagnostica è un modo responsabile di rispondere al problema che l’utente ci riporta e, a seconda sua gravità, ci sarà l’invio verso istituzioni in grado di rispondere alla loro problematica. La presentazione e discussione clinica del caso, nella nostra equipe avviene in supervisione, in presenza di professionisti che hanno un approccio eterogeneo, essi contribuiscono alla costruzione della diagnosi.

 

Questa modalità di lavoro non mira alla standardizzazione della soggettività dei partecipanti, utente-psicologo, non c’è un “devi fare in questo modo”, “devi dire questo”, piuttosto mira alla possibilità della costruzione di una modalità nuova e diversa di intervento in contesti che sono in continuo cambiamento.

 

La tecnica del colloquio e diagnosi in un contesto nuovo, non risponde a nessun tipo di preconfezionamento clinico ma all’incontro con situazioni nuove in continuo movimento.

 

L’urgenza come evento imprevisto ed inatteso ha a che fare con la propria sofferenza e precarietà che conduce l’utente a domandare un’azione immediata, ed è a questa sofferenza nella situazione concreta che, nel qui ed ora, cerchiamo di dare una restituzione senza pretese di far magie offrendo soluzioni preconfezionate ma dando la possibilità di rendere sopportabile l’incontro che l’utente ha con il proprio disagio. Rispondiamo ai problemi urgenti posti dal presente cercando di riportare la persona all’importanza di assumersi la responsabilità della propria posizione soggettiva ovvero del proprio modo di stare al mondo. Aprire un interrogativo nell’utente riguardo alla propria situazione, costituisce un’opportunità di elaborare la propria problematica e di intraprendere percorsi di cambiamento. Si solito concludiamo l’intervento offrendo un elenco di servizi territoriali di zona dove rivolgersi, se l’utente lo desidera.

Non è possibile pensarsi e inventarsi, intendendo con questo l’aspetto della creatività fondante del nostro lavoro, se non ricucendo l’intervento e noi stessi sulla situazione e sull’utente per cui siamo chiamati ad operare.

 

È banale e ovvio, che non è lo stesso fare un intervento in un parco o in questura, con un utente che presenta un attacco di panico o con un paziente delirante.

 

Il nostro intervento comincia nel momento in cui solleviamo il telefono, o forse prima, nel momento in cui sentendolo squillare diamo un occhio al display dove compare il numero e facciamo la prima fantasia sull’origine della chiamata: uno 02 è di Milano, un numero fisso è più frequentemente di un medio anziano, un cellulare del giovane, che magari chiama che non è in casa, o ancora, il numero è nascosto. Il tono della voce, il modo di iniziare la conversazione, la difficoltà nel parlare o vice versa il modo con cui in 30 secondi ci riversa addosso gli ultimi 20 anni di vita senza darci la possibilità di mettere un punto e virgola; questi sono i primi indizi, i primi segni che presumibilmente andranno a diventare sintomo, che rappresentano la carta di identità del nostro utente.

 

Mentre ascoltiamo e facciamo le domande del caso, andiamo a costruire il puzzle minimo necessario per avere un’idea per quando grossolana di chi abbiamo dall’altra parte del filo. Se l’utente è d’accordo e non chiama da un’altra e ciò che sentiamo al telefono nel tono e nel ritmo della conversazione più ancora che dal contenuto, ci suggerisce l’opportunità di un colloquio, andiamo a trovarlo.

 

Andiamo noi riconoscendo nel momento di crisi una momentanea frattura delle funzioni più sofisticate di tenuta dell’io per cui il soggetto necessita di un sostegno per potere fare fronte alla situazione di urgenza. Questo momento di crisi, ha di per sé un nucleo trasformativo che se intercettato e sostenuto può essere un punto di svolta. Noi consideriamo il nostro intervento in questo frangente un intervento puntuale in un momento con elevata carica potenziale in quell’aria di mezzo che mantiene ancora un barlume di creatività.

 

Non pensiamo che il nostro scopo o la nostra mission sia quello di tamponare o sedare un paziente o un utente, nel week end quando spesso il vuoto di impegni collude col vuoto esistenziale e lo squarcio si apre. Riteniamo, piuttosto, che ciò che possiamo fare è tentare una riformulazione della domanda (in senso clinico), ponendo ben attenzione a stare all’interno della finestra di tolleranza che la psiche del paziente può sostenere. Noi lavoriamo con la parola, con il linguaggio quindi anche con il non detto. È a ciò che il paziente ci dice, nel modo soprattutto ma anche a ciò che non dice che dobbiamo prestare attenzione, per individuare i fattori di rischio del momento e soprattutto le aree libere, le risorse, la creatività.

 

A volte gli interventi si concludono in 45/50 minuti di colloquio, altre volte i nostri pazienti richiamano qualche tempo dopo, spesso ci troviamo a fare un lavoro di screening e dopo il primo screening, lavorare col paziente per capire quale sia il posto migliore cui rivolgersi per avere aiuto (CPS, consultorio, Pronto Soccorso,…)

 

Chiudere, però, non vuol dire saturare, dobbiamo comunque lasciare uno spazio perché ci possa essere un movimento.

 

Perché l’incontro non sia solo un ansiolitico al bisogno (come i calmanti nei pazienti ansiosi), ma un contenitore che placa l’ansia quel tanto necessario a potere aprire altre ipotesi, altre letture, altre prospettive e che porta alla possibilità di riformulare o formulare una prima domanda.

 

L’intervento che si conclude per il paziente all’atto della separazione per noi prosegue nel lavoro di equipe e di supervisione, in primis, ma anche nel lavoro di ricerca, fondamentale dal nostro punto di vista anche per la clinica.

Parlare di procedure e protocolli all’interno di Urgenza Psicologica è un argomento che apre allo stesso tempo opportunità ed insidie. Avvicinandoci al termine stesso «protocollo» abbiamo subito in mente un complesso ben definito di regole e procedure alle quali è doveroso attenersi per lo svolgimento di una determinata attività.

 

La stessa cosa vale per le cosiddette «procedure», identificate come un elenco di azioni dettagliate e specifiche, atte a definire un comportamento.

 

Protocolli e procedure hanno la prerogativa di essere strumenti in qualche modo rigidi con valenza ed applicabilità locale.

 

La scelta di sviluppare nuovi protocolli e procedure è derivata dalla necessità, anche in un contesto tanto disomogeneo (e ricco proprio per questa sua eterogeneità) di garantire la protezione sia dei professionisti psicologi che dell’utenza. E, all’occorrenza, di fare riferimento ad un sistema di comunicazione, una sorta di convenzione per l’interpretazione univoca delle informazioni.

 

Tuttavia, non ci troviamo di fronte a strumenti operativi fissi ed immutabili, per questo abbiamo sentito la necessità di adattare questi strumenti all’interno del servizio di Urgenza Psicologica e di concepirli come sperimentazione di una cornice all’interno della quale collocare un costrutto d’intervento più omogeneo rispetto ai differenti orientamenti dei singoli professionisti. Quelle “buone prassi” che prendono forma dalla nostra stessa maggiore conoscenza ed esperienza nel qui ed ora.

 

Al di là della compilazione della scheda telefonica secondo procedura, nel momento dell’arrivo della chiamata, è necessario comprendere la motivazione della chiamata stessa e se essa è ascrivibile o meno ad un momento di urgenza.

 

Lo psicologo compila la scheda Telefonica con i dati del chiamante e, allo stesso tempo, chiedendo la motivazione della consultazione, richiede la possibilità di effettuare una visita domiciliare.

 

Ove ciò non fosse possibile (es. l’utente chiama da fuori Milano oppure vuole mantenere l’anonimato o ancora non è disposto ad ospitarci in casa propria) lo psicologo può decidere l’invio ad altri servizi presenti sul territorio o mettere in campo strategie al fine di passare un messaggio chiaro: non siamo un telefono di ascolto ma un’equipe di intervento per le situazioni di crisi

La realizzazione del progetto di Urgenza Psicologica ha richiesto sin dall’iniziale avvio del programma sperimentale nel 2013 la messa in campo di diverse risorse, prima fra tutte le risorse umane. Nella fattispecie del nostro servizio tali risorse si identificano in psicologi volontari e volontari di supporto provenienti dall’Associazione Nazionale Carabinieri (solo nella fase iniziale) e dalla Croce Rossa Italiana, recentemente collaborano con noi tutti membri volontari di CRI.

 

L’equipaggio così composto opera all’interno di un setting innovativo, che non rispetta la definizione classica, inserendosi nel caso specifico dell’urgenza psicologica un contesto ancora più ampio poiché in termini di risorse umane sono coinvolti più attori nello stesso scenario: lo psicologo, l’utente, eventuali familiari e/o conoscenti dell’utente, il volontario di supporto e anche altri eventuali curanti nel caso di un utente già preso in carico presso altri servizi specialistici.

 

Fondamentale e vitale per il servizio è stata pertanto la costruzione del gruppo di lavoro, quest’ultimo inteso come vera e propria risorsa per l’attuazione di efficaci protocolli nel qui e ora degli interventi di urgenza. La costruzione di tale gruppo ha reso necessaria innanzitutto la definizione degli obiettivi e delle finalità del servizio di urgenza psicologica e, subito in seconda battuta, la condivisione degli stessi tra gli attori coinvolti traducibile in una comunione d’intenti: tutti partecipiamo allo stesso progetto e tutti condividiamo lo stesso obiettivo.

 

Dalla teoria alla pratica il passaggio però non è stato così semplice e le difficoltà emerse hanno riguardato: le regole d’incontro con gli utenti; la definizione dei ruoli: i volontari di supporto incastrati nella dinamica del pericolo-salvataggio e gli psicologi volontari in quella salvifica-protettiva, sottovalutando e/o non riconoscendo entrambi i diversi aspetti combinati e compresenti nella stessa situazione d’urgenza (l’eventuale pericolo da una parte e l’utenza dall’altra).

 

Determinante a questo punto è stata l’azione di coordinamento di tutti i volontari coinvolti nel servizio di urgenza psicologica, dapprima attraverso l’organizzazione di riunioni plenarie mensili atte a favorire il dialogo e in seguito attraverso il confronto diretto e lo scambio di informazioni immediatamente prima e dopo l’uscita. Tutto ciò ha semplificato notevolmente l’integrazione tra tutti i membri dell’equipaggio.

All’avvio del progetto, si è coinvolto direttamente i principali attori interessati, cioè Croce Rossa Italiana – Comitato Regionale della Lombardia, l’Ordine degli Psicologi della Lombardia (O.P.L.) e la Fondazione Cariplo.

 

A O.P.L. è stato chiesto di ospitare nel sito la ricerca di collaboratori rivolta ai colleghi psicologi, oltre ad aver richiesto il supporto scientifico per la rilevazione e l’interpretazione dei dati. A Fondazione Cariplo un contributo economico che ci ha consentito di poter cominciare a impostare una prima diffusione dell’iniziativa e organizzare una giornata di formazione per i volontari psicologi di cui si dirà più avanti. A Croce Rossa Italiana, (comitato regionale) come ente erogatore è stato chiesta l’assegnazione di risorse già disponibili (locali nella sede di via Pucci 7 a Milano con arredi e attrezzature, ponte radio, linea telefonica, auto). L’impegno di CRI è andato ben al di là sia in quanto compartecipe del progetto sia per un coinvolgimento che nasce dalla loro vocazione al soccorso e dalla loro fisionomia di privilegiare e promuovere il volontariato, che costituisce la caratteristica della loro attività e elemento fondante del loro proporsi.

 

È stata richiesta con successo l’adesione all’Associazione Nazionale Carabinieri per il contributo alla formazione degli equipaggi in turno al servizio: il coordinamento con loro è stato costante fino alla fine del 2015. È stata richiesta, senza successo, l’adesione dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Milano. È stata richiesta, senza successo, l’adesione di Apple Inc. come partner tecnologico. È stato ottenuto un normale supporto tecnico-formativo a pagamento.

 

Anche i colleghi psicologi hanno frequentato il primo corso di base C.R.I. organizzato a questo scopo per diventare a loro volta VdS.

 

Sono stati avviati contatti con l’Università Cattolica di Roma, Policlinico Gemelli, che hanno prodotto proficui scambi, tra cui tre giornate di formazione su “Urgenze in Psichiatria e Psicologia clinica”, una tenuta a novembre 2013, due a settembre 2014, a cura dei due docenti di Roma che da tempo si occupano della materia. La partecipazione è stata nutrita e ha visto anche la presenza di volontari CRI, ammessi nella duplice veste di psicologi e affiancatori. Per ciascuno dei corsi organizzati sono stati chiesti i crediti ECM;

 

È stata realizzata, inoltre, una giornata informativa per i volontari di C.R.I. e dell’A.N.C tenutasi il 15 marzo 2014, con la collaborazione dei colleghi dell’equipe di Urgenza Psicologica.

 

Il 12 settembre 2014 è stato presentato il progetto e le sue valenze di rapporto con l’utenza nell’attuale momento storico, nei suoi rapporti con la psichiatria, le sue possibilità di ampliamento e di risposta alla crisi individuale al 2nd ISPS Italy National Conference, tenutasi a Bergamo il 11-12 Settembre 2014, dal titolo “Rivisiting the experience of psychosis. The bodymind and its relations”, nell’ambito dei simposi paralleli in programma, grazie all’intervento del Responsabile Scientifico, della Coordinatrice del Servizio e di una psicologa dell’equipe dell’Urgenza Psicologica.

Una specifica microequipe del progetto, denominata Commissione Ricerca, si occupa di raccogliere i dati, analizzarli, metterli in relazione con l’esistente.

 

Gli scopi della ricerca sono la descrizione delle caratteristiche socio-demografiche dell’utenza, la sua storia clinica, gli indicatori clinici, le problematiche riferite, la tipologia dell’intervento, mettendo tali dati in relazione con gli esiti. La Commissione si avvale di una scheda per la raccolta dei dati, compilata dall’operatore prima e dopo l’intervento, per la registrazione delle informazioni, più alcuni strumenti già validati e ampiamente utilizzati per la valutazione del grado e della gravità dell’urgenza (Crisis Triage Rating Scale, Bengelsdorf et al., 1984; Triage Assessment Form, Myer et al., 2006). Le analisi dei dati vengono condotte tramite software specifici, utilizzando tecniche di statistica descrittiva e inferenziale (parametrica e non parametrica), per valutare quali caratteristiche socio-demografiche, cliniche e dell’intervento sono connesse all’esito.

 

Nel gennaio 2015 si è tenuto il primo convegno alla Casa dei Diritti del Comune di Milano nel corso del quale si è anche relazionato sui risultati raggiunti dal servizio.

 

Fino ad allora, si contavano 374 interventi, prevalentemente negli orari pomeridiani e serali. Per quanto riguarda la tipologia di intervento effettuato, in più della metà dei casi (60%) si è trattato di un supporto telefonico di ascolto; nel 14% dei casi, l’intervento è proseguito con un colloquio.

 

Circa due terzi dei chiamanti erano femmine. L’età media era di poco maggiore dei 41 anni; l’età minima era 14 anni, la massima 89 anni. La quasi totalità dei chiamanti era di nazionalità italiana, i due terzi dei quali residenti in Milano, gli altri in provincia o – in misura ridotta – in altre province della regione o fuori regione. La maggior parte dei chiamanti richiedeva l’intervento per sé stesso; se l’intervento era richiesto per un altro, si trattava solitamente del partner o di un figlio. Due terzi dei chiamanti aveva o aveva avuto in passato contatti con i servizi di salute mentale o con psicologi/psichiatri/psicoterapeuti privati, generalmente con scarsa compliance o esiti percepiti non positivi. Si trattava dunque di un utenza cronica e cronicizzata dei servizi, che alla richiesta di intervento presentava soprattutto quadri ansioso-depressivi (in circa due terzi dei casi), in misura minore sintomatologia delirante, maniacale, dissociativa, spesso con una storia di eventi traumatici e un quadro socioeconomico e familiare che rinforzava il disagio percepito.

 

Per quanto riguarda gli esiti degli interventi, più della metà dei soggetti riportava una risoluzione della situazione di crisi con beneficio immediato, mentre il 40% circa, a prescindere dal beneficio percepito nell’immediatezza dell’intervento, condivideva con lo psicologo un progetto di trattamento basato su interventi successivi.

 

Le tecniche di analisi inferenziale hanno messo in luce quali principali risultati:

 

–  le capacità di resilienza e le abilità sociali predicono significativamente la positiva risoluzione della crisi;

 

– per quanto riguarda la natura degli interventi, lo stesso dato si è ottenuto per quelli psicoeducativi, di ascolto e contenimento;

 

– complessivamente, il progetto è riuscito ad agganciare, anche in una prospettiva non solo immediata, pazienti storicamente refrettari alla collaborazione coi curanti.

Ci siamo posti alcune domande rispetto ai dati sopra mostrati:

 

Quanti accessi in Pronto Soccorso celano, dietro a una problematica organica, una domanda di natura psicologica? Quanti pazienti e famigliari potrebbero usufruire di un supporto psicologico in una situazione di elevata criticità ed urgenza? Quanto può essere importante avere degli psicologi in PS in un’ottica di prevenzione del disagio?

 

Partendo da questi quesiti il nuovo obiettivo che ci poniamo, come gruppo Urgenza Psicologica, è quello di avvicinarci ulteriormente alla popolazione e ai suoi bisogni, offrendo una risposta professionale e un supporto psicologico mirato alla sofferenza e all’incertezza, che le svariate situazioni emergenziali di Pronto Soccorso possono generare. L’intenzione è quella di realizzare, un progetto affine a ‘’Psicologi in Pronto Soccorso’’ volto a:

 

– Offrire interventi di supporto psicologico a pazienti e accompagnatori, dai casi di massima urgenza (codice rosso) a quelli di minor criticità (codici verdi);

 

– Affiancare il personale medico-infermieristico;

 

– Favorire la gestione di situazioni di sovraffollamento;

 

Condurre una ricerca per raccogliere ed elaborare dati quantitativi relativi:

 

– al numero e alla tipologia di interventi psicologici effettuati;

 

– all’utenza a cui sono stati principalmente rivolti (pazienti/familiari, età, codice triage/problematica);

 

– al numero di accessi ‘’impropri e pseudo impropri’’.

 

L’intervento psicologico in Pronto Soccorso, non si pone come sostitutivo dell’azione psichiatrica, bensì come corpus di attività di contenimento, mediazione e sostegno rivolte a utenti e famigliari, in un’ottica di integrazione con le altre figure professionali.
 

Un’altra nuova sfida è l’estensione del servizio in altre città. Per come è organizzato (volontari di CRI e volontari psicologi) il servizio ha una struttura leggera e relativamente economica, è facile pensare di estendere il servizio ad altre città con gli stessi ingredienti, ponendosi l’obiettivo di proporre in altri contesti di urgenza-emergenza metodologie e competenze sviluppate dal Servizio di Urgenza Psicologica.

 

Più in generale il nostro consiste nell’avvicinarsi ulteriormente alla popolazione, portando la figura dello psicologo sempre più vicino ai bisogni delle persone: nel corso del 2016 è stato chiesto ed ottenuto l’accreditamento sociosanitario del servizio con Regione Lombardia sul territorio di ATS Milano Città Metropolitana.